«Papi non te la prendere, sono cose che il tempo sistema» così il figlio Dino si approcciava a papà Enzo Ferrari quando quest’ultimo attraversava momenti di contrarietà.
Alfredo Ferrari detto Dino, nacque a Modena il 19 gennaio 1932, e in quel momento il padre, che era ancora un validissimo pilota, decise che era giunto il momento di farla finita con il volante. Si dedicò definitivamente al ruolo di dirigente e “agitatore di uomini”, come ha sempre definito il suo essere gestore di una tra le Scuderie più famose al Mondo, quella che porta ancora il suo nome.
Dino era nato nelle corse e con le corse.
Pervaso da una passione esclusiva per lo sport automobilistico, divenne anche pilota prima su una Topolino, poi una 1100 TV e infine, una Ferrari 2 litri. Diplomatosi perito industriale all’istituto Corni di Modena, si diplomò ingegnere in Svizzera discutendo il progetto di un motore 4 cilindri 1500cc con due valvole di aspirazione e una di scarico. Dino frequentò anche il primo anno di Economia e Commercio all’Università di Bologna.
Il primogenito del Drake e di Laura Garello, prima moglie di Ferrari, collaborava in fabbrica con impegno e competenza.
A lui si deve, per esempio, l’impostazione del motore di 1500cc con 6 cilindri a V di 65 gradi in grado di soddisfare le condizioni di rendimento meccanico e d’ingombro: il 156, che venne acceso la prima volta a novembre 1956, cinque mesi dopo la sua scomparsa.
Malato di distrofia muscolare, Dino si spense a Milano il 30 giugno 1956 lasciando un grande vuoto nel padre, costruttore ormai affermato e che vedeva in quell’erede il futuro per la propria azienda. La malattia del figlio, convinse Enzo Ferrari a realizzare numerose opere di beneficenza. Tra queste, promuovere un gruppo di studiosi dedicato alla malattia e a una possibile terapia all’Istituto Mario Negri di Milano.
Tante sono le iniziative che Ferrari ha preso, forte della propria figura conosciuta nel Mondo intero, per divulgare la conoscenza di questa grave e inesorabile malattia. Tra queste, una borsa di studio annuale attraverso un istituto di credito fiduciario da devolvere a giovani medici segnalati dalla cliniche universitarie in grado di premiare ricercatori sulla malattia.
Ferrari voleva vincere la malattia come faceva con gli avversari in pista.
«Non avevo mai pensato che un padre potesse ereditare da un figlio. Invece così è stato e solo dopo la dipartita di Dino ho saputo compitamente dove arrivava la bontà di questo giovane » scriverà Enzo Ferrari dilungandosi sul noto episodio di San Marino nel quale, al termine della salita verso la rocca, si accorse di quanto il figlio fosse grave e stesse per lasciarlo.
A Dino Ferrari (a cui si aggiunse poi il nome del padre) venne dedicato anche l’autodromo di Imola nel 1970.
Sempre allo scomparso erede del Drake venne dedicato un marchio usato da Fiat e Ferrari fino agli anni ‘70.
Ricordiamo in particolare, la Dino 246 dove la sigla 246 indica la cilindrata di 2.4 litri e il numero di cilindri 6 con disposizione a V. Il nome Dino, venne associato successivamente anche alla precedente 206 e alle successive 208 e 308 GT4.
Citazioni dal libro “Le mie gioie terribili – Storia della mia vita” scritto da Enzo Ferrari edito da Mondadori a ottobre 2016
Alessandro Zelioli